Origine del Fico d’India
Il fico d’India è originario dell’altopiano del Messico ed ancora oggi appare sullo stemma della Repubblica Messicana. La leggenda racconta che gli Aztechi, in cerca della loro “terra promessa” vagarono per tempo immemorabile prima di trovare il luogo a loro destinato.
Dove avessero trovato un’aquila appollaiata su un cactus, lì avrebbero dovuto costruire la loro civiltà. La città era la meravigliosa Tenochtitlan che significa appunto: “Il luogo dove abbondano i frutti del cactus che si erge sulla grande pietra”.
Arrivo del frutto in Sicilia
Sarà Cristoforo Colombo, convinto di essere arrivato nelle Indie, che, verso la metà del 1500, porterà questo frutto in Europa. Inizialmente fu coltivato negli orti e nei giardini dei nobili perché nelle regioni più a nord era difficile superare il freddo inverno. Ma nel Mediterraneo e quindi in Sicilia, il fico d’India trovò le condizioni ambientali perfette per poter crescere e riprodursi rigogliosamente. Già dopo un secolo si era diffuso in tutta l’isola fino a diventare un elemento distintivo del paesaggio siciliano.
La forza del Fico d’India
Conquistò spazi del territorio molto aridi e le sue radici riuscivano a sgretolare le rocce vulcaniche. Inoltre, la struttura forte e possente, così come la sua abbondanza di spine, servivano come deterrente ai malintenzionati che entravano nei campi. La sua caratteristica di crescere a segmenti imprevedibili e di occupare ogni spazio aereo lo rendevano un ottimo frangivento, utilizzato anche nella costruzione delle prime trazzere siciliane.
La pianta
La pianta ha una crescita molto rapida e può raggiungere anche i 5 metri di altezza. La sua bellezza sta nella casualità delle sue forme; le pale carnose, ricche di scorte di acqua, si sovrappongono e sulla loro superficie si trovano i frutti spinosi così come i fiori gialli e vistosi.
Il frutto
La coltivazione del fico d’india è semplice perché attecchisce facilmente. Si moltiplica usando le pale di circa 2 anni di eta’ che si staccano dalla pianta madre, si espongono in pieno sole per cicatrizzarne i tagli e poi si interrano per i due terzi. Una particolare tecnica per ottenere frutti grossi e saporiti consiste nell’eliminare dopo la fioritura buona parte dei frutti allegati, i quali si riformeranno in autunno con caratteristiche qualitative eccezionali.
Le principali cultivar che si ritrovano in Italia sono la gialla o surfina (90%) e in minima quantità la rossa o sanguigna e la bianca o muscaredda. I primi frutti si raccolgono ad agosto, ma si continua la raccolta fino a novembre. Il frutto è un vero toccasana: ha un alto contenuto di calcio e fosforo e pochi zuccheri. I suoi fiori in infuso sono ottimi come diuretico e contro i bruciori di stomaco.
In Sicilia lo si mangia fresco oppure in marmellata, mostarda, granita e gelato.